A cura dell'Avv. Gianfranco PARIS, Direttore responsabile del mensile MONDO SABINO:
<< Si dice che il cane sia il migliore amico dell’uomo. Spesso i cani però fanno del tutto per sconfessare questa credenza popolare. I fatti di cronaca di questi ultimi mesi lo dimostrano ampiamente. La credenza però è molto radicata e dà origine ad una serie di comportamenti contraddittori della opinione pubblica che disorientano perfino chi dovrebbe prendere dei provvedimenti.
I cani sono diventati animali domestici frequentando l’uomo. Ma non sono i soli, i gatti per esempio fanno loro concorrenza, e ci riescono anche molto bene. Ci sono cani di varie razze: ci sono cani da compagnia, cani da guardia, cani da lavoro, cani di bellezza, cani da combattimento e altro. Tra i cani da guardia spiccano quelli per sorvegliare le greggi e quelli per spaventare i ladri che si avvicinino alle dimore dei ricchi. C’è una razza specializzata in feroci aggressioni, sono specie di belve addestrate ad attaccare o a combattere selvaggiamente tra di loro per alimentare il vizio dell’uomo scommettitore. Insomma c’è un po’ di tutto, e la figura del cane fedele amico dell’uomo ne esce molto appannata.
Veniamo ai fatti di questi ultimi giorni. La cronaca quotidiana sembra accreditare la figura del cane killer che, da solo o in branchi, sembra specializzato in omicidi. Naturalmente le vittime preferite sono i più deboli: bambini, ragazzi o donne.
Si tratta per lo più di cani abbandonati dopo essere stati al servizio dei capricci di ragazzi o ragazze, o di qualche adulto che non vuole o non può più occuparsi del caro animale.
Così si sono formati nei nostri boschi e nelle nostre praterie abbandonate dallo spopolamento dei veri e propri branchi di cani affamati che scorrazzano senza alcun controllo e che si sono sostituiti ai lupi dell’Appennino, ormai ridotti a pochi esemplari.
La loro presenza crea abbastanza problemi agli abitanti delle varie contrade e a coloro che amano scorrazzare sulle nostre montagne a caccia di belle sensazioni naturali per il ristoro della salute.
I pastori però hanno trovato un business anche nella loro presenza. Gridano che sono stati i lupi, e si fanno risarcire i danni dalla Regione che, sotto la pressione degli ambientalisti, ripagano le pecore, i vitelli o i vannini ai proprietari. I controlli dei Forestali lasciano il tempo che trovano. Un sussidio in Italia non si nega a nessuno, anche ai ricchi proprietari delle greggi! (Quando lo sono, naturalmente!).
Qualche anno fa per risolvere il problema gli animalisti ottennero dalla Regione lo stanziamento di una grossa somma per la istituzione e la gestione di canili nei quali tutti questi cani, anziché essere abbattuti, fossero tenuti a pensione a spese della collettività.
La cosa poteva essere anche accettata, in fin dei conti era un segno di civiltà e nello stesso tempo segnalava la presenza di un senso di bontà collettiva che non guastava per niente.
Ma i consiglieri regionali non avevano fatto i conti con il pericolo della speculazione che si annida negli uomini, nel caso di specie nei gestori privati dei tanti canili lager che furono istituiti i quali, per guadagnarci il più possibile, si limitavano appena a non far morire i cani di fame per tenerli in vita al solo scopo di riscuotere le rette. Un business che fece presto gridare allo scandalo e che fece abolire l’iniziativa.
Ora, sembra che l’opinione pubblica reclami nuovi interventi radicali. Così in tempi nei quali il ministero degli interni è affidato ad un leghista non scandalizza più di tanto se è stata scatenata una specie di caccia alla volpe del tipo di quelle che fanno da secoli i nobili nella terra di Albione. Abbiamo visto alla TV immagini di vigili urbani e poliziotti sparare a vista ai cani sulle rive sud occidentali della Sicilia, dove un branco ha fatto fuori di recente un bambino ed un adulto.
L’opinione pubblica è divisa, c’è chi ama la caccia indiscriminata e ama la morte, c’è invece chi ama ancora i cani e vorrebbe che si tornasse al business dei canili.
Confesso che se fossi io a decidere non saprei quale soluzione proporre. In Italia niente è facile. Qualsiasi cosa inventi, anche la più piena di buon senso, può ben essere stravolta dalla fame di soldi di chi è chiamato ad applicarla! E non invidio chi deve prendere decisioni.
Intanto vi voglio raccontare qualche episodio che ho vissuto in prima persona. A me piace camminare in montagna, e mi piace frequentare i pastori per via della ricotta. Una specialità che, pur non essendo tutta nostra, tuttavia qui da noi non teme rivali. Quella calda poi si cala nel palato come le note di una sinfonia.
Un giorno, bighellonando per i prati del Terminillo, fui accerchiato all’improvviso da cinque cani pastori tedeschi di robusta stazza. Per fortuna che un pastore amico mi aveva suggerito il trucco del lancio dei sassi e potetti salvarmi in extremis assumendo la posizione del discobolo quando lancia il disco. I cani temono i sassi perché non possono prevederne la traiettoria, così si bloccarono fino all’arrivo del pastore.
E ancora, i nostri prati non sono infestati solo da cani randagi lupi, c’è un altro pericolo che incombe in chi osa fare delle passeggiate per le nostre montagne. Quello dei cani che sorvegliano le greggi in sostituzione del pastore. Fino a qualche anno fa, in mancanza di pastori italiani, i proprietari delle greggi assumevano pastori montenegrini più o meno regolari con scarsi compensi. Ora per risparmiare ancor di più (potere della sete di denaro!), non assumono neanche quelli, ma mandano le greggi per i monti sorvegliate dai soli cani. Tutto a rischio degli escursionisti e di coloro che per qualunque motivo frequentano la montagna.
La sorveglianza spetterebbe alla Forestale, ma il costume è ormai dilagante perché i forestali che dovrebbero sorvegliare sono spesso parenti ed amici dei pastori perché nella maggior parte paesani.
Così mi sono dovuto rivolgere ai Carabinieri, che normalmente non sono della zona, e che quindi hanno meno amici e parenti, per far cessare l’abuso che mi era stato segnalato dai lettori di Mondo Sabino. E debbo alla sensibilità del Col. De Vito, comandante provinciale, e dei Militi dell’arma se è scattato un primo meccanismo di salvaguardia a favore degli abitanti della provincia di Rieti.
Ma, a prescindere da questi casi, sussiste in generale una situazione di pericolosità nel settore perché lo stato, inteso in tutte le sue componenti nazionali e locali, è normalmente assente e si muove solo quando accade qualcosa di grave, come l’omicidio o giù di lì.
La colpa è anche dell’opinione pubblica, e magari anche della stampa, perché quando è tempo non preme sulle autorità per prevenire i comportamenti illeciti, si agita solo quando accadono fatti eclatanti con il risultato che il più delle volte si prendono provvedimenti affrettati e controproducenti perché non valutati con serietà e serenità. Poi, ora che c’è un leghista al ministero degli interni, si rischia anche che si prendano provvedimenti solo esplosivi, che però fanno solo rumore con molto fumo e poco arrosto! >>.