A cura dell'Avv. Gianfranco PARIS, Direttore responsabile del mensile MONDO SABINO:
<< L’estate è la stagione delle sagre. Almeno qui da noi, dove questo tipo di divertimento è penetrato in questi ultimi decenni. Esso è stato generato dal consumismo del boom economico delle società di tipo occidentale ed è praticato a livello di popolo, quello che le ferie non se le può fare nella costa smeralda nè nelle coste dei paradisi fiscali, tanto numerosi nella nostra epoca a causa della connivenza di una certa politica.
Qui da noi la sagra è penetrata piano piano, ed ha cominciato ad avere per oggetto qualche piatto caratteristico del paese, fatto in casa secondo la tradizione, che il consumismo e la necessità di tenere lontane le spartane vecchie abitudini familiari per motivi di falso prestigio avevano relegato nel dimenticatoio. Una specie di "damnatio memoriae" per una specie di vergogna di nascondere le proprie umili origini.
Ma il boom economico ha presto fatto sparire questa pseudo vergogna ed il buon gusto del tempo antico ha ripreso il giusto posto nel palato di tutti.
Così la sagra ha cominciato a registrare successi sempre più evidenti fino a diventare un evento da non mancare come ad esempio, tanto per parlare di casa nostra, della sagra degli spaghetti all’amatriciana.
A questo punto la sagra, anche a causa della scarsa della fantasia, è diventata il punto di riferimento fisso di ogni paese, con il rischio che, non trovando niente di caratteristico degno di nota che non fosse già stato sfruttato, si sono inventate le sagre le più stravaganti, seguendo le mode del tempo.
Ce ne è una in questi giorni che colpisce in questo senso. E la sagra delle trote biologiche.
Tutti qui da noi, almeno quelli meno giovani, conoscono la bontà delle trote fario del Velino che fino agli anni sessanta era facile pescare nel Velino, sul canale di Santa Susanna, nei fiumi Salto e Turano e nei tanti torrenti della provincia di Rieti. Ma oggi quelle trote sono quasi introvabili, tanto ce ne sono rimaste poche in quei fiumi per varie ragioni.
Le trote fario reperibili oggi, e non sempre perchè il più delle volte sono quelle cosiddette salmonate allevate con pesce marino di scarto delle pescherie o con mangimi, lo sono solo negli allevamenti che sfruttano le acque dei nostri fiumi con alterne fortune. Molto più organizzati e fortunati sono quelli situati nella vicina Val Nerina. Sono trote di ottima qualità, ma definirle biologiche è un vero azzardo, e comunque non risponde al concetto al quale si riferisce la parola “biologico” nel senso ad essa attribuito correntemente.
Ora per fare una sagra ci vuole una bella quantità di trote e caratterizzare una sagra al biologico quando è impossibile reperire il prodotto che si promette, mi pare assai controproducente!
Io credo che definire quella sagra soltanto come “Sagra delle trote” sarebbe stato meglio ed avrebbe generato più effetto, senza generare sospetti.
E fin qui la cosa può anche essere accettata, ma c’è di peggio. Si è appena conclusa una festa del “Pomodoro porrarolo” che si è celebrata in una piazza di Rieti, vicino ad un supermercato.
Qui siamo arrivati al ridicolo. I pomodori delle Porrara non sono ancora maturi, e non lo erano ancor più quando è stata celebrata la festa una settimana fa.
La festa quindi è stata sicuramente celebrata con i pomodori acquistati al supermercato vicino e chissà da dove provenivano!
Il pomodoro delle Porrara è di una specie quasi unica, che qui da noi produce frutti bellissimi e buonissimi per la composizione chimica del terreno e per il microclima della valle santa che è particolarmente adatto a questa coltivazione.
Sostituirlo con pomodori porraroli finti è stata una bufala indegna di cui ci si dovrebbe vergognare perché così non si dà una mano a nessuno, anzi si fanno solo danni di immagine e di credibilità, facendo il gioco del commercio sporco che si vorrebbe combattere.
Un rinvio di quella festa avrebbe dimostrato che non si trattava di una festa di appoggio al vicino supermercato, ed avrebbe stimolato a partecipare coloro che, sapendo che i pomodori porraroli non ci potevano essere, si sono ben guardati dall’intervenire.
Un altro aspetto negativo di queste sagre è che sono diventate una specie di ristoranti all’aperto per fare un po’ di soldi. E sì perché una sagra dovrebbe servire a far conoscere il paese, un’occasione per mettersi in vetrina. Quindi coloro che ci vanno dovrebbero essere premiati con la degustazione gratuita dei prodotti offerti. Invece no. Alla specialità proposta si aggiungono altri prodotti dozzinali ed il tutto viene costare più o meno quanto un pasto in un ristorante della zona. Con la differenza che il ristorante della zona te lo fa espresso, mentre quello della sagra è fatto per la massa! Ed ognuno può capire la differenza.
Mi piacciono le lumache. Così anni fa mi feci attrarre dalla sagra di Rocca di Fondi. Mi feci più di trenta km. Per andarci e altrettanti per ritornare, e pagai le lumache mille vecchie lire l’una! Cercai di protestare mettendo in evidenza che si trattava di una sagra, mi risposero che potevo anche lasciarle lì. Preferì sottostare al ricatto perché avrei sprecato inutilmente la benzina usata. Ma non mi hanno visto più, né ci andrò in futuro.
In conclusione io penso che quando la sagra perde il carattere originario, si fanno delle maldestre forzature per attrarre di più ignorando la logica, e soprattutto quando la sagra diventa una speculazione o una manifestazione di propaganda commerciale come la festa del pomodoro Porraorolo, si fanno più danni che utili!
Speriamo che questi utili consigli trovino orecchi disposti a trasmettere segnali di facile comprensione! >>.