di Gianfranco PARIS

Il Parlamento nazionale si accinge di nuovo a conferire delega al Governo per la riforma della geografia delle circoscrizioni  giudiziarie italiane. Da quando si è sparsa questa voce si è scatenata una bagarre tra tutti coloro che paventano di vedersi diminuita la presenza di uffici giudiziari a casa propria. I Sabini paventano che il Tribunale di Rieti, che non ha il numero di abitanti sufficiente per giustificarne il mantenimento,  sia ancora una volta ridimensionato o declassato a sede periferica di quello di Roma, gli Umbri temono che la stessa sorte tocchi alla Corte d’appello di Perugia (nella foto) che non ha il numero di abitanti sufficiente a giustificarne l’esistenza. A Rieti avvocati e magistrati concordi pensano che la salvezza del loro tribunale passi attraverso l’allargamento della sua competenza includendo una buona parte dei comuni della ex provincia a nord di Roma, in Umbria per ora si limitano ad affermare che la Corte d’Appello di Perugia non si tocca, ma non propongono niente di concreto. Almeno così leggo l’O.d.G. votato l’altro ieri dal Consiglio regionale umbro che da alla Giunta un mandato generico di difesa dell’esistente.

 

Personalmente, come avvocato e come direttore di Mondo Sabino, sostengo fin dal 1990, anno in cui il Parlamento approvò una legge sul riordino degli Enti locali mai applicata, che il Tribunale di Rieti, unitamente al territorio della provincia omonima, avrebbe dovuto comprendere il più vasto comprensorio della Sabina storica con Monterotondo e Mentana. Io allora prefiguravo una ristrutturazione del Lazio con un’Area Metropolitana di Roma fino a Settebagni per quanto ci riguarda, e fino al raccordo anulare nei riguardi di Frosinone, Latina e Viterbo. Quindi un’Area metropolitana sul modello tedesco di Monaco e una Regione Lazio che comprendesse soltanto le 4 province tradizionali. Se quella legge e questa ipotesi fossero state applicate, oggi non staremmo sempre daccapo e le cose andrebbero di certo meglio. Ma viviamo in un paese che si chiama Italia dove l’interesse particolare prevale sempre su quello della collettività, ed è stato per questo che i partiti non hanno voluto mai applicare quella legge. La conseguenza di tutto questo è che io oggi non posso che condividere quanto affermano il Presidente del Tribunale di Rieti MELE ed dal Procuratore della repubblica SAIEVA, che all’epoca era Pretore di Palombara Sabina, città nelle cui edicole Mondo Sabino andava all’epoca con buon risultato di vendite.

Il problema vero è che quella soluzione non la vollero, e non la vogliono nemmeno oggi, né i politici né i cittadini di quei centri della Sabina che con il tempo si sono abituati ad essere considerati frazioni di Roma anche a causa di un ricambio quasi totale della popolazione, essendosi in quei luoghi trasferiti decine di migliaia di abitanti da Roma centro per ragioni prevalentemente di natura economica. Gli abitanti di quella zona sono abituati ad andare a Roma, o tutt’al più accettano Tivoli o Velletri come centri sussidiari, per loro venire a Rieti è una specie di punizione. Quelli di Fiano e dintorni, zona che negli anni novanta si riuscì ad accorpare al Tribunale di Rieti, solo dopo aver assaporato la differenza tra la vita operativa del Tribunale di Rieti rispetto a quello di Roma si sono convinti e oggi si dichiarino soddisfatti della scelta governativa di allora. Il problema degli Umbri è diverso. Gli abitanti dell’Umbria sono ottocentocinquantamila e quindi non sufficienti per giustificare una sede di Corte d’Appello che oggi comprende tre Tribunali: Perugia, Spoleto e Terni. C’è un solo modo per loro per conservare la sede del Distretto della Corte d’appello a Perugia: assorbire un tribunale di almeno 150.000 abitanti per arrivare al milione previsto dalla legge. Ma per fare questo debbono guardare fuori dello attuale territorio regionale. Quindi, Umbria e Sabina hanno un problema in comune: la mancanza del numero degli abitanti per salvare i primi la Corte d’appello di Perugia, i secondi il loro Tribunale. 

La cosa con queste premesse sembra insolubile, ma la recente volontà dichiarata dal Governo di voler mettere mani ad una riorganizzazione delle regioni con la istituzione di 12 macroregioni al posto delle venti attuali, offre ad entrambi una soluzione positiva del problema. Pensare che si faccia una riforma delle circoscrizioni giudiziarie prima di quella delle macroregioni sarebbe un vero suicidio. Francamente ci hanno abituati a tutto, ma questo sarebbe troppo! Se così sarà il problema si risolve da se. Infatti ci sono in Parlamento più proposte per le macroregioni. In questo quadro la Regione Lazio non esiste più, e l’Umbria tornerà ad essere un termine geografico come del resto lo è la Sabina perché inquadrata in un più ampio contesto amministrativo territoriale. Ci sarà un’Area metropolitana di Roma, a sud della quale una regione tirrenica che comprenderà Latina e Frosinone e a nord una regione centrale che comprenderà l’Umbria e che dovrebbe comprendere secondo logica anche Viterbo e Rieti. In questo quadro il Tribunale di Rieti diventerebbe di fatto  un Tribunale naturalmente destinato a far parte del distretto della Corte d’Appello di Perugia, che oggi ha tre tribunali e Rieti ne diventerebbe il quarto, con ciò raggiungendo il milione di abitanti necessario per il mantenimento in vita della Corte perugina.

E’ questa l’unica possibile soluzione per l’Umbria, per questo è deludente l’ordine del giorno votato ieri dal Consiglio regionale a Palazzo CESARONI di Perugia perché queste cose vanno dette subito e forte, la tattica del fumo e dell’attesa non porta da nessuna parte. Se invece si persegue la via dello allargamento del Tribunale di Rieti verso Roma, in quale macroregione finirà di far parte la Sabina reatina? C’è un’ipotesi che la vorrebbe niente di meno che con la regione Tirrenica. Una vera bestialità! I politici reatini che contano sostengono invece un’altra soluzione: che Rieti entri a far parte dell’Area Metropolitana di Roma. Una tesi che non ha nessuna logica giustificazione perché tutta la Sabina non ha niente da spartire con la metropoli romana. Diventerebbe una grande borgata periferica nella quale scaricare tutte le negatività della grande città. Coloro che lo sostengono pensano ai fatti propri, loro sono tutti ammanicati con i padroni del vapore romani e stanno bene così, sono i cittadini che subiranno gli effetti negativi di una marginalizzazione che dura da 70 anni e che continuerà fino alla cancellazione di noi residua potenzialità. Costoro non hanno e non avranno la forza non solo di salvare l’autonomia del tribunale di Rieti perché non possono nulla contro quelli di Monterotondo, Mentana, Tivoli e Velletri, al massimo possono ottenere di far diventare il tribunale di Rieti una sede distaccata di quello di Roma.

Il che sarebbe un’ennesima sconfitta, dopo quelle di questi ultimi anni che hanno visto trasmigrare da Rieti a Viterbo e Roma la maggior parte degli uffici provinciali e statali che prima stavano nella città capoluogo. Ma tutto questo sembra non aver insegnato ancora niente a nessuno.