<< Mentre stiamo scrivendo questa lettera, sta nevicando sul territorio del Comune di Norcia e il nostro pensiero va immediatamente alle immagini sacre, alle opere d’arte e agli arredi sacri che sono rimasti all’interno dei ruderi delle decine di chiese crollate o danneggiate, rimaste senza una protezione ed un’adeguata messa in sicurezza delle strutture che ancora stanno in piedi. Pensiamo quindi ai danni che causeranno gli agenti atmosferici agli affreschi e agli altari delle chiese di Santa Maria di Piazza o di Sant’Andrea a Campi, di Sant’Agostino, di San Giovanni, di Santa Scolastica, di Sant’Antonio e del Crocefisso a Norcia, di San Giovanni a Valcaldara oppure al prezioso coro ligneo del 1505 di San Francesco a Norcia, rimasto senza la protezione del tetto, o al bel soffitto a cassettoni di Sant’Agostinuccio a Norcia. Ma come non pensare alle chiese distrutte o danneggiate delle frazioni di Castelluccio, di San Pellegrino, di Campi, di Ancarano (nella foto), di Frascaro, di Nottoria, di San Marco, di Pescia, di Piediripa, di Popoli, di Paganelli, di Ocricchio, di Agriano, di Ospedaletto, di Forsivo, di Cortigno, di Casali di Serravalle e a ciò che ancora resta al loro interno.

 

Questi ulteriori rischi per il nostro patrimonio artistico potrebbero essere evitati se si intensificassero gli interventi di messa in sicurezza a tutti i beni culturali danneggiati dal sisma, finora limitati alle chiese ritenute più importanti, come la Basilica di San Benedetto, la Cattedrale o San Salvatore a Campi, come già sollecitato nella nostra lettera del 24/11/2016. Con l’uscita del decreto legge 189, convertito nella legge 229 del 15/12/2016, relativo agli interventi a favore delle zone terremotate del Centro Italia, che delega ai Comuni alcuni interventi di messa in sicurezza, la situazione a nostro avviso è peggiorata perché assistiamo ad una azione di rimpallo delle responsabilità tra la Soprintendenza ed il Comune per quanto riguarda questi interventi come ad esempio per i campanili delle chiese o per le torri o per le cinte murarie, con il rischio che nessuno dei due soggetti di fatto interviene, come nei casi delle chiese di Legogne, Savelli, Campi, Aliena o Valcaldara e delle torri medioevali presenti sul territorio comunale.

A nostro avviso, gli interventi sui beni culturali e storici, dovrebbero essere comunque di competenza della Soprintendenza o comunque dovrebbero essere strettamente seguiti da questa istituzione nella fase esecutiva. La recente demolizione delle torri, lungo la cinta muraria di Norcia, non ci sembra delle più consone per un bene storico che ci auguriamo venga poi correttamente ricostruito; il nostro auspicio è che analoghi drastici interventi già operati lungo la cinta muraria non vengano riservati alla cosiddetta torre DE ANGELIS, una struttura fortemente danneggiata, ma che ancora mantiene l’impianto originario medioevale, realizzata anche con riutilizzo di pietre iscritte di epoca romana.

Il nostro Comitato deve inoltre rilevare le serie contraddizioni che si verificano all’interno della cosiddetta “area del cratere”. Ci sono città drammaticamente distrutte dal terremoto, che sono state private e svuotate di tutti i beni artistici, storici ed archivistici come Norcia e città che si sono arricchite di questi beni come Spoleto, che in un solo giorno, prima di Natale, è riuscita ad organizzare ben 3 eventi culturali perché qui, per loro fortuna, il terremoto non ha fatto danni rilevanti ai contenitori culturali. Anzi, nel corso di una di queste manifestazioni, il Soprintendente Archivistico Dr. SQUADRONI ha affermato che i cittadini di Norcia sbagliano a lamentarsi perché gli vengono portati via tutti i beni culturali, anzi dovrebbero essere contenti perché il nostro archivio storico è stato messo in sicurezza e verrà riallestito presso l’Archivio di Stato di Spoleto, in modo da poterlo nuovamente consultare.

A nostro avviso questo ci sembra un lavoro inutile in questo momento, visto che questi beni archivistici, come ci è stato detto, presto dovranno tornare a Norcia, ricordando che il deposito a Spoleto è prettamente precauzionale, visto che lo stabile dove ha sede l’archivio storico di Norcia non ha riportato danni sostanziali alla struttura. Tra l’altro, all’indomani del sisma del 24 agosto 2016 i rappresentanti del MIBACT ci rassicurarono che i nostri beni culturali sarebbero stati portati nel deposito regionale di Spoleto, in attesa di essere poi riportati nei luoghi di origine, non appena si fossero create le condizioni di sicurezza. In quella stessa occasione ci fu detto che, a garanzia delle popolazioni locali, la Soprintendenza avrebbe fornito sia al nostro Comitato che alle Comunità Locali, l’elenco dei beni culturali portati via con relativa documentazione fotografica. Tutto ciò purtroppo non sta avvenendo sia per i beni artistici, alcuni dei quali vengono esposti in diverse parti d’Italia, sia per i beni archivistici ricoverati tra l’altro in un vecchio edificio che potrebbe essere a rischio crollo, visto il recente sisma del 2017 con epicentro Spoleto.

Ci domandiamo, tra l’altro, perché i dipendenti del MIBACT e più in generale gli operatori nel campo dei beni culturali, invece di organizzare eventi culturali a Spoleto o in altre località non vengano impegnati, vista l’emergenza, per mettere in sicurezza i beni culturali che ancora giacciono danneggiati nel nostro museo della Castellina o nelle nostre chiese o per seguire le attività di emergenza della Protezione Civile per i beni culturali; sicuramente, avremmo evitato, ad esempio, al museo di Norcia lo sfondamento selvaggio ed ingiustificato del portone d’ingresso cinquecentesco della Castellina, visto che bastava chiedere più semplicemente le chiavi a chi ne era in possesso. Il nostro Comitato invita il MIBACT a creare le condizioni per consentire il ritorno a Norcia dei nostri beni culturali, a partire dal nostro Archivio Storico, prevedendo a Norcia una sezione distaccata dell’Archivio di Stato. Diversamente si concretizzerebbe quello “sciacallaggio istituzionale” da noi già paventato all’indomani del sisma del 24 agosto, approfittando del dramma che ci ha così duramente colpito.

Se si vuole rilanciare la cultura a Norcia è necessario che lo Stato, come già avviene in altre città Umbre, gestisca direttamente i nostri luoghi della cultura, con l’istituzione di un Museo Archeologico Nazionale dell’Alta Sabina nell’ex Cinema Aurora posto sopra il Criptoportico Romano di Porta Ascolana, che valorizzi i reperti delle centinaia di tombe pre-romane e romane rinvenute sul nostro territorio, che rimangono nei magazzini della Soprintendenza non fruibili da parte dei nostri concittadini e dei numerosi turisti che frequentano la nostra città. La stessa iniziativa dovrebbe essere presa per il Museo della Castellina che dovrebbe diventare un Museo Nazionale, come quello del Ducato di Spoleto, al fine di valorizzare il nostro patrimonio artistico in un contenitore museale finalmente ristrutturato e reso idoneo ad ospitare le opere d’arte del nostro territorio. Un comune di montagna come quello di Norcia, non ha la forza e le risorse necessarie per la gestione di queste strutture e per valorizzare al meglio il suo grande patrimonio artistico. Basti pensare che dopo 37 anni dal terremoto del 1979, il Comune di Norcia non è stato in grado di ultimare i lavori di ristrutturazione di questo prestigioso palazzo fortificato del XVI sec., opera dell’architetto Jacopo BAROZZI, detto il Vignola.

La presenza dello Stato a Norcia, nella gestione della cultura, rappresenta un elemento importante per la rinascita del nostro territorio, per gli sviluppi che determina sia in campo culturale che per il rilancio turistico, ma anche per le opportunità di lavoro per i nostri giovani che queste iniziative determinano e per l’arricchimento del tessuto socio-culturale. Il nostro vuole essere un appello accorato alle autorità competenti, perché si intervenga con celerità ed adeguatezza, un modo per non sminuire e vanificare la preziosa e meritevole opera di salvaguardia del nostro patrimonio culturale che lo Stato sta portando avanti sul nostro territorio e per mettere fine a questo “deserto culturale” che affligge la nostra zona e che ci priva della nostra identità storica, religiosa e artistica >>.