di Gianfranco PARIS
Il 3 agosto u.s. è deceduto l’ultimo garibaldino reatinosabino vivente reduce della Divisione Garibaldi di Montenegro. Il rito funebre è stato officiato nella chiesa parrocchiale di Labro, suo paese natale, dove ha vissuto una lunga e laboriosa vita insieme alla sua sposa, occupandosi anche di vita pubblica, è stato infatti amministratore e vice sindaco di Labro in più amministrazioni occupandosi del bene comune. Il tenente Giuseppe Virili, questo è il grado con cui fu congedato, dopo essere uscito indenne da diciotto mesi di rocambolesche operazioni militari nelle aspre montagne del Montenegro, aveva partecipato alla fondazione della ANVRG, Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini, per mantenere alta l’attenzione sul sacrificio fatto dai giovani militari italiani che non vollero arrendersi ai tedeschi dopo l’8 settembre 1943 per salvare l’onore dell’esercito italiano lasciato allo sbaraglio dal re fellone e dal Governo Badoglio dopo che avevano firmato l’armistizio con gli Alleati, senza un piano di difesa e senza ordini di fronte all’ancora agguerrito esercito del III Reich assetato di vendetta per la resa degli italiani.
Il giovanissimo Virili era partito da Labro come fante della Divisione Venezia, ben presto graduato dell’esercito italiano e come tale sorpreso dagli eventi dell’8 settembre in Montenegro dove la Venezia partecipava alla occupazione del Montenegro.
Il 2 dicembre, dopo due mesi di guerra spietata dei tedeschi a caccia di coloro che non si erano voluti arrendere, i resti della Venezia si unirono ai resti della Divisione alpina Taurinense e dettero vita alla Divisione Garibaldi di Montenegro che si affiancò all’esercito di liberazione guidato da Tito che cercava di cacciare i tedeschi dal suolo della Jugoslavia.
Il giovanissimo Virili si distinse per il suo valore, lo sprezzo del pericolo e la sua capacità di comando, così quando il compaesano di Labro Marcucci Loreto, che aveva il comando della I Compagnia del IV Battaglione, fu ferito gravemente il 27 aprile 1944, egli prese il suo posto con il grado di tenente e proseguì le operazioni militati fino a quando la Divisione rientrò invitta in Italia, a guerra finita, insieme ai tremila che avevano salvato la pelle tra tanti stenti e sofferenze.
Labro, pur non conoscendo a fondo i fatti della Garibaldi, ma conoscendo comunque il suo impegno di partigiano con le stellette dopo l’8 settembre 1943, e conoscendo anche il suo impegno civico di amministratore probo e onesto, ha partecipato massiccia al cordoglio della moglie, dei due figli e dei nipoti, erano presenti anche più assessori del comune.
L’ANVRG ha partecipato ufficialmente alle esequie con il Medagliere e con la presenza del presidente della sezione di Rieti avv. Gianfranco Paris, Sezione nella quale il Virili era transitato dopo lo scioglimento della Sezione Umbra per inattività, sezione quest’ultima alla quale si era iscritto fin dalla fondazione perché la Sezione reatina è di recente istituzione. Labro è un comune della provincia di Rieti.
Il Presidente nazionale Carlo Bortoletto, la vice presidente Annita Garibaldi e il segretario regionale Alberto Giacopello hanno inviato messaggi di cordoglio alla famiglia e alla città di Labro.
Al termine della cerimonia religiosa, officiata dal parroco Don Settimio coetaneo e amico del defunto, l’avv. Gianfranco Paris ha salutato Giuseppe Virili dal sagrato della chiesa a nome della Associazione, ha ricordato il sacrificio di tutti i giovani delle due divisioni, la Venezia e la Taurinense che dettero vita alla Garibaldi, ed ha intrattenuto i presenti con il racconto della storia dell’evento.
In particolare ha detto che è necessario che i giovani di oggi conoscano i terribili eventi della seconda guerra mondiale, perché è da questi che parte la storia della ancor fragile Repubblica Italiana uscita dal referendum del 1946. La scelta delle istituzioni che rappresentano le fondamenta dello stato italiano nasce da quegli eventi. Fu la guerra che dimostrò come l’Italia monarchica e fascista era inadeguata a proteggere gli italiani dai pericoli esterni e dare loro un lungo periodo di benessere.
Ha poi proseguito sottolineando come il sacrificio di quei giovani che vollero combattere e morire piuttosto che arrendersi ai tedeschi servì a riscattare l’onore dell’esercito italiano che il re fellone e Mussolini avevano mandato allo sbaraglio.