A cura dell'Avv. Gianfranco PARIS (nella foto), Direttore responsabile del mensile MONDO SABINO:
<< Il 20 settembre scorso è stato celebrato il 150° anniversario della breccia di Porta Pia. Quell'evento sta a ricordare agli italiani la data nella quale il processo di unificazione nazionale si è compiuto con la conquista di Roma, destinata di lì a poco a diventare la capitale della Nazione. Uso la parola “conquista” e perché si trattò di una vera e propria conquista militare contro il volere del Papa, fino a quel momento re dello stato pontificio che era da secoli uno stato vero e proprio ne più e ne meno come qualsiasi altro stato europeo. Dopo la sconfitta dell'Austria nelle tre guerre del Risorgimento nazionale guidate dai Savoia regnanti del Piemonte, e dopo le annessioni degli altri stati italiani suffragate da plebisciti popolari di larga maggioranza, la città di Roma, dove il Papa si era asserragliato rifiutando testardamente di assecondare il corso della storia difeso dalle armi dei francesi, rappresentava il compimento dell'unità nazionale, anche se ancora mancava tutto il territorio del triveneto che solo dopo la prima guerra mondiale diventò suolo nazionale. E non fu una guerra di religione, fu una guerra tra due stati dell'ottocento, uno in divenire quale era l'Italia di allora ed uno che difendeva prerogative secolari di natura materiale che nulla avevano a che fare con prerogative religiose. Il Papa difendeva il suo potere di re di uno stato e non certo la libertà del culto della religione cattolica romana che nessuno metteva in discussione. Questa difesa ad oltranza che aveva le sue radici in secoli di esercizio del potere che risalivano all'editto di Costantino, all'inizio del tramonto dell'impero romano, ma che nelle mutate condizioni storiche dei tempi nasceva dal desiderio del popolo italiano di dotarsi di uno stato nazionale, provocò nella santa sede una reazione stizzita di isolamento che durò 50 anni con la scomunica ed il divieto di entrare in politica per i credenti.
Solo all'inizio del secolo scorso tale divieto fu abolito e Don Sturzo fondò il primo partito politico dei cattolici italiani che partecipò attivamente alla vita politica fino alla ascesa al potere di Benito Mussolini, dal quale fu emarginato, al pari degli altri partiti che operavano in Italia nel primo ventennio del '900. Il concordato del 1929, che consentì il rientro ufficiale della chiesa cattolica nella vita civile e sociale dell'Italia, fu un accordo tra il fascismo e la santa sede, al quale nessun contributo dettero i cattolici che erano entrati in politica con il partito di Don Sturzo che rimasero tutti antifascisti e che come tali dettero il loro contributo alla resistenza durante la repubblica di Salò. Essi rientrarono a pieno titolo nella vita politica italiana partecipando al Comitato di Liberazione Nazionale e da allora hanno avuto una parte determinante nello sviluppo della politica italiana. Fu quel concordato una specie di revival dello stato pontificio che, pur morto, fu resuscitato da Mussolini per accattivarsi con vantaggi materiali l'appoggio della gerarchia ecclesiastica alla sua politica imperiale. E la data del 20 settembre fu sostituita con quella dell'11 febbraio, giorno nel quale fu sottoscritto il concordato. Così man mano la celebrazione della data della breccia di Porta Pia, anziché rappresentare un momento fondante dell'unità nazionale cominciò a dar fastidio ai gestori del potere. Né la situazione migliorò con la nascita della Repubblica Italiana, anche se la democrazia cristiana per verità tenne sempre viva, sia pure con moderazione, l'idea della separazione tra stato e chiesa nella gestione concreta della politica a cominciare da De Gasperi che pagò di persona il malcontento di Pio XII. Il concordato fu recepito dalla costituzione italiana e la gerarchia vaticana iniziò una lenta ma inesorabile marcia verso il conseguimento della maggior quantità di vantaggi possibile. Ma i vantaggi più rilevanti li ottenne con la revisione del concordato degli anni '80 voluta paradossalmente da Craxi e da Spadolini, due politici di estrazione laica che vollero legare il loro nome ad una operazione mal vista dal loro stesso elettorato. Così arrivò l'8 per mille e tanti altri privilegi di cui non si vede mai la fine perché la gerarchia vaticana è abituata a non accontentarsi mai. Così oggi siamo arrivati ad una situazione nella quale coloro che sono al potere in Italia, nella presunzione infondata di accattivarsi la benevolenza del vaticano sono disposti a concedere tutto. Quest'anno, ma già se ne avvertivamo i sintomi da qualche tempo, siamo arrivati ad una celebrazione ufficiale congiunta. Stato italiano e gerarchia vaticana hanno celebrato insieme la data della breccia di Porta Pia, vincitori e vinti. L'idea fondante che ha trascinato il presidente Napolitano insieme con il cardinal Bertone davanti all'altare della patria è la pacificazione nazionale. Come se tra Italia e stato vaticano ci fosse ancora una guerra, quando invece una sostanziosa parte delle entrate il vaticano le ottiene dal concordato e da tanti altri privilegi che il parlamento italiano sforna a spron battuto. In linea di principio dopo 150 anni si può anche essere d'accordo con una idea di mettere da parte alcune animosità degli anni dell'ottocento. Nessun laico oggi può pensare di mantenere vivo l'astio che serpeggiò negli italiani che volevano l'unità d'Italia contro un Papa re che la osteggiava. Ma mentre i bersaglieri di La Marmora hanno suonato l'inno pontificio davanti all'altare della patria e gli zuavi pontifici, che erano dei mercenari, hanno ottenuto l'onore delle armi, quali elementi di novità sono stati diffusi dalla gerarchia vaticana? Ad essere obbiettivi la Santa Sede dovrebbe essere grata all'Italia per avergli tolto il potere temporale ed averla reintrodotta nel solco della fede pura, quella predicata dagli apostoli ed introdotta in Europa. Dovrebbe essere grata per tutti i privilegi che gli sono riconosciuti e che gli consentono di mantenere nel territorio nazionale patrimoni considerevoli da multinazionale e di avere una banca che in questi ultimi cinquant'anni ha svolto la funzione più di paradiso fiscale che di aiuto a conquistare il paradiso celeste! Ma né Bertone né il Papa tedesco né alcuna voce di parte vaticana si sono levati a riconoscere qualche merito dell'Italia. Loro hanno diritto per investitura divina! E' per questo che quei laici che ancora conservano un po' di dignità in questo paese hanno deciso di non partecipare alla celebrazione ufficiale e ne hanno anticipata una il giorno prima davanti alla “breccia” per ricordare agli italiani il vero significato della data del 20 settembre, data fondante dell'unità nazionale, e non per amore di sola polemica ma perché la verità storica non sia ancora una volta stravolta, come spesso accade nel nostro Paese >>.