di Gianfranco PARIS
E' stata un'idea brillante, quella dei giovani della Ascom di Rieti che domenica, guidati da Luca PITONI e da Diletta PETRUCCI, si sono recati a Pescorocchiano per conoscere le Grotte di Valdevarri (nella foto), una delle eccellenze turistiche della Provincia di Rieti quasi sconosciuta agli stessi abitanti della Sabina. La filosofia che ha ispirato i giovani dell'Ascom reatina è stata quella di far conoscere la Sabina in primo luogo ai sabini, presupposto indispensabile perché si dia inizio ad un processo di allargamento di questa conoscenza al di fuori del nostro territorio. E' la stessa filosofia sulla quale marcia da circa trentanni questo giornale, nato appunto per far conoscere la Sabina innanzitutto ai sabini, visto che la maggior parte di loro ancora non ne conosce né le caratteristiche, né le bellezze, né le potenzialità che pur sono abbandonati. Chi ne avesse voglia potrà sfogliare la collezione di Mondo Sabino, depositata in volumi rilegati in quasi tutte le biblioteche della Sabina, a cominciare dalla Paroniana di Rieti, e munita di indice per materia, per verificare che pò pò di bellezze, di monumenti, di tracce di storia e di cultura popolare esistono a quattro passi da proprio naso.
Ma torniamo a Valdevarri. Le Grotte di Valdevarri hanno le loro radici nella storia dell'uomo. Di esse si sono serviti gli uomini della preistoria come abitazione e custodiscono nel loro seno i segreti della lenta evoluzione della natura. Fino a pochi decenni addietro erano conosciute solo dagli abitanti del posto, come antri del territorio carsico che si perdevano nei meandri del sottosuolo. Alimentavano la fantasia popolare con l'uscita dal loro seno dei pipistrelli e con il manifestarsi di segni inspiegabili che provenivano dalle viscere della terra. Un forte sordo rumore di cascata segnalava la loro presenza ai rari avventori nella stagione delle piogge. Esse non sono altro che il percorso di un fiume sotterraneo, con le sue diramazioni formatesi nei millenni, che si è scavato pian piano il suo letto secondo le leggi della natura. Il mistero fu diradato dai primi speleologi che, sulla orme dei rimi dilettanti del posto, esplorarono sistematicamente quelle forre. Finalmente negli anni ‘70 si cominciò a parlare della loro utilizzazione a fini turistici e ci sono voluti decenni perché l'idea divenisse realtà. L'unica opera che possiamo ascrivere a merito degli amministratori locali, noti per verità per le molte opere inutili e incompiute che hanno sciupato i non pochi contributi concessi dal potere pubblico a quella zona come, sempre chi vorrà, potrà verificare sfogliando la collezione di Mondo Sabino. Lasciata la nazionale che unisce Rieti all'autostrada Roma-L'Aquila al bivio di Pescorocchiano, ci si addentra nelle colline retrostanti la frazione di Nesce, la romana Nerse, dove è situato l'ingresso delle Grotte. Molto opportunamente prima dell'ingresso è stato realizzato un percorso didattico ad uso dei visitatori. Poco più in là appare l'ampio varco dell'ingresso. Fa da guida l'Assessore GINNETTI, che rappresenta il Comune in tutte le istituzioni che si occupano di grotte in Italia. Aperto il cancello, ci introduce, dico ci introduce perché c'ero anch'io, nell'antro principale. Ci accoglie un sordo rumore di fondo che proviene dal basso. Molto sotto scorre impetuosa l'acqua in discesa frusciando fra le rocce. Quando l'acqua è tanta, ci dice GINNETTI, la visibilità è ridotta a causa del vapore acqueo e il rumore assordante. Si scende in una comoda scalinata di ferro fino al grande antro, una caverna di grandi dimensioni che fa da cassa di risonanza a tutto quanto accade nella grotta. La grotta non vanta molte concrezioni, ce ne sono poche ma belle ed originali, i segni della vetustà si notano sulla pareti e nei meandri creatisi nei millenni. Ben illuminata riusciamo a godere a pieno della sua bellezza. Risaliamo per recarci nella seconda entrata. La Grotta infatti si compone di due parti. Gli speleologi per verità avevano scoperto il passaggio che le univa naturalmente, ma gli esperti hanno preferito separare le due grotte per non rovinare una parete che presentava belle concrezioni. Nella discesa si incontra, appeso alla parete, un pipistrello di piccole dimensioni. GINNETTI ci invita a non fare rumore e a non avvicinarsi troppo per non svegliarlo. Una curiosità non di poco conto. Le pareti sotto tutte segnate da “macchie di leopardo” che si sono formate nei millenni con l'umidità scivolata sulle pareti. Anche qui, dopo una ripida discesa, si arriva in una grande grotta e si resta ammirati dalla bellezza della operosità della natura che riesce sempre a stupirci. Si torna in superficie e tutto appare di nuovo normale. Ma la gita non finisce qui. Luca e Diletta hanno escogitato di farci conoscere la Birreria del Borgo situata a Spedino di Borgorose, a quattro passi da Pescorocchiano sempre in provincia di Rieti. Visitiamo un'altra eccellenza reatina nel campo dell'economia e dell'iniziativa privata. Un giovane, i cui genitori erano originari di Borgorose, dopo gli studi universitari, anziché mettersi a fare il geologo comincia per gioco a produrre la birra su suggerimento di un suo amico. Si appassiona alla cosa e, dopo aver appreso bene l'arte, crea a Borgorose la prima fabbrichetta artigianale quasi fatta in casa. Da cosa nasce cosa, ci si perfeziona e nasce La Birreria del Borgo, con sede oggi nella zona industriale di Spedino e con 27 dipendenti. Migliaia di ettolitri di birra di 32 tipi esportati negli USA e in Australia. Quattro mescite a Roma e grande evento a primavera a Borgorose. C'è da rimanere stupiti e ammirati. Un piccolo miracolo della iniziativa privata in casa nostra senza l'intervento del pubblico che il più delle volte si rivela un fallimento. Andate a vedere, oltre tutto vi farete una bella bevuta di birre italiane che non sono seconde a nessuno. Provare per credere.