di Gianfranco PARIS
Per buona parte del ventesimo secolo il mondo occidentale è stato diviso fra due ideologie opposte e confliggenti: il liberismo e lo statalismo, prevalenti il primo nel nord America, l’altro nell’immensa Russia, mentre l’Europa era su posizioni ondivaghe, almeno negli intervalli fra l’epoca dei grandi imperi e le dittature che occuparono la prima metà del secolo. Cosa proclamano le due ideologie? In termini molto stringati, il liberismo pone al centro l’individuo con la sua libertà, soprattutto in campo economico: gli uomini non sono tutti uguali già dalla nascita. Alcuni nascono in famiglie povere e devono certamente faticare molto per trovare un loro posto nella società, ma se hanno vero talento in qualche campo e voglia di esercitarlo, possono emergere e scalare uno o più livelli di stato sociale in termini di cultura, ricchezza, notorietà, ecc.
In altri termini, la società umana è suddivisa in diversi livelli ma c’è la possibilità di passare da uno all’altro, sia in salita che in discesa. Questo, in estrema sintesi, è il liberismo che pone tutto in capo all’individuo, e vuole limitare al massimo le leggi che regolano la convivenza civile. Se un individuo nasce in una famiglia facoltosa, naturalmente si troverà molto avvantaggiato nella scalata sociale rispetto ad un povero, ma anche per lui è possibile il cambio di livello sociale: può migliorarlo ma anche deteriorarlo. Lo statalismo, derivato dalla dottrina del pensatore tedesco del secolo 19° Carlo MARX e di ENGELS, vede invece come necessaria per l’uomo l’organizzazione in Società, formata da persone che ricoprono specifiche funzioni e formano nel loro complesso un organismo di ordine superiore al singolo individuo capace di assicurargli molte risorse per coprire almeno le sue esigenze primarie: la salute, l’istruzione, l’abitazione, il nutrimento, ecc.
Naturalmente il livello qualitativo di tali risorse non può essere sempre eccellente, dato il numero di individui da curare, ma per i singoli che abbiano talento e buona volontà è possibile aumentare il proprio tenore di vita, ma senza eccedere: cioè il rapporto fra le risorse disponibili ad un livello sociale elevato non può superare quello di base oltre un certo rapporto, che può variare in circostanze diverse ma certo va da circa dieci a non oltre cento; il sistema di tassazione è strutturato in modo da non superare tale intervallo. Quanto detto sopra riporta, anche se in modo molto semplificato, le basi delle due dottrine: certamente la seconda si occupa molto più degli uomini come insieme - il cosiddetto bene comune - di quanto non faccia la prima, che invece vede l’individuo decisamente prevalere su tutto il resto. Queste sono le basi teoriche, ma le teorie diventano realtà camminando con le gambe degli uomini e quindi finiscono per perdere la loro coerenza e assumono di volta in volta caratteristiche dalle autorità politiche che intendono metterle in pratica.
Non c’è dubbio che a tanti fa molto più piacere vivere con buona larghezza di beni, in belle case/auto/barche, disponendo di quanto la tecnologia e la moda offrono: ma non si pensa che questo non può essere vero per tutti: le risorse sono limitate e chi consuma di più, oltre un certo limite, lo fa a danno di altri che non possono arrivarci. Questa considerazione spiega l’attuale orientamento della maggioranza verso il liberismo, chiamato neo-liberismo o dottrina di centro-destra. Ma la stessa osservazione della sterminata folla di persone che fuggono da guerre, oppressione, impossibilità di vita in regioni anche abbastanza prossime a noi, pur se lontane dai confini della opulenta Europa, ci dovrebbe ispirare non sentimenti di rigetto, bensì di compassione, voglia di aiutarli condividendo con loro le risorse di cui disponiamo in maniera relativamente copiosa, mentre loro, quelli che qualcosa possedevano, hanno dovuto lasciare tutto.
D’altra parte l’esperienza ci dice cha in regimi statalisti (Unione Sovietica in passato, Cina e nord Corea anche oggi, ecc.) la messa in pratica della teoria ha portato a regimi contrassegnati da oligarchie e potentati ricchissimi, mentre la massa del popolo è stata ingabbiata in condizioni di vita piatta e del tutto insoddisfacente, soprattutto considerando le opinioni. In sostanza dobbiamo dedurne che la traduzione in pratica delle dottrine porta, pur partendo da obbiettivi teorici molto diversi, a situazioni abbastanza simili: disuguaglianze grandissime fra individui, madre di disperazione che finisce per giustificare la rivolta e la guerra. I liberisti propugnano un mercato libero e autoregolantesi, ma sappiamo bene che questo non è vero: il mercato senza regole e senza controlli rigorosi tende ad ingigantire le differenze, favorisce la corruzione e rende addirittura nulla la democrazia, la forma di governo diffusa in occidente, ma quasi dappertutto rimasta tale solo di nome. Il popolo “sovrano”, come viene definito, sovrano non lo è nemmeno quando esprime il suo voto, in quanto sempre preda del potere costituito, infatti il maggior partito è quello degli astenuti.
Si può pensare: ma queste considerazioni si potevano fare ormai da diversi anni: cosa c’è che rende peggiore la situazione attuale? Ci sono in effetti numerose differenze: fra le più importanti a questi effetti sono: la globalizzazione, la caduta delle ideologie (e la loro sostituzione con il denaro) e la finanza pervasiva. La globalizzazione, voluta per sollevare le condizioni di vita dei popoli dei paesi emergenti, porta anche, di necessità, un peggioramento che si sperava tollerabile dei popoli del primo mondo, del quale facciamo parte. Quando ci propinano l’idea che si possa tornare rapidamente alle stesse condizioni precrisi i politici mentono, per le più svariate ragioni ma sapendo di mentire: il lavoro rimarrà sempre difficile da trovare soprattutto per i giovani, dopo la violenta e lunga deindustrializzazione intrapresa negli anni scorsi; la sostituzione delle ideologie con l’unico valore riconosciuto al denaro rende in pratica difficilmente riconoscibili i partiti politici, e la cosa si esalta con la finanza ormai diventata la vera forza trainante del mondo occidentale. Ora si prospetta anche l’ombra di possibili guerre, chiamate di religione, ma in realtà di natura economica provenendo da fanatismi ispirati in menti di individui tenuti a lungo al margine delle nostre città.
Le differenze economiche fra individui si sono fatte astronomiche, dell’ordine di decine o centinaia di migliaia di volte, come all’epoca delle case regnanti e degli emiri che fino a pochi decenni fa guardavamo con superiorità morale. La corruzione, vero cancro delle società, dilaga e si giustifica in nome dell’unico valore rimasto valido; certamente non si può battere con leggi e magistratura: solo riguadagnando valori etici come l’onestà la fratellanza si può sperare di curarla. Questo però richiede decenni: posto che ci sia davvero volontà, occorrono anni di formazione di nuove generazioni. Speriamo di sviluppare questa volontà politica e che non intervengano nel frattempo eventi capaci di mandare all’aria i piani! Quanto ho scritto esprime la mia personale opinione, di individuo senza alcuna preparazione in materia ma solo piuttosto attento a quanto accade nel mondo. Ho ritenuto di buttar giù queste note solo per mostrare come, a mio parere, non ci sono differenze incolmabili fra le due visioni del mondo, ma che quello da cui ci si deve guardare è il modo in cui vengono tradotte in pratica. Certamente una dottrina di sinistra dovrebbe essere più attenta al bene comune, a valori umanistici ed etici, ma spesso viene corrotta ad opera di pochi e va a sovrapporsi a quella opposta, come vediamo nella nostra Europa di oggi.