<< Il mistero pasquale che stiamo celebrando, mistero di morte e di risurrezione del Signore e che stiamo vivendo nella fede della Chiesa, non ci esime dal porre la nostra riflessione su alcune questioni che riguardano la vita delle persone e delle famiglie di questa Chiesa particolare che il Signore, nella sua bontà, ha voluto affidarmi: la situazione attuale della famiglia, la precarietà del mondo del lavoro e la situazione nelle carceri. Per comprendere a fondo quale sia la realtà della famiglia dal punto di vista sociale e religioso può esserci utile una ricerca promossa dal Pontificio Consiglio per la Famiglia in vista del VII Incontro Mondiale in programma a Milano nel giugno prossimo. I risultati di questa indagine hanno messo in luce, infatti, un fenomeno sociale estremamente importante: la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna che vivono con i loro figli è il principale sostegno del tessuto sociale, culturale ed economico di un Paese. Secondo questa analisi, essa non assume le sembianze di un mero richiamo ideale e sentimentale, ma rappresenta l’architrave che regge tutta la struttura della società. Naturalmente questa ricerca ha messo in evidenza le differenze che caratterizzano i singoli contesti nazionali, ma, al di là di queste differenze, non si può non tener conto che la famiglia monogamica, stabile e con i figli, alla prova dei fatti, costituisce ovunque la risorsa primaria e insostituibile per veicolare e riprodurre “di generazione in generazione” il portato storico della nostra società. Anche secondo l’indagine svolta recentemente dal CENSIS risulterebbe che i valori più importanti per gli italiani di oggi sono, nell’ordine: la famiglia, la nazione e la religione.
Due dati che metterebbero in evidenza il non esserci più quella rincorsa “alle sregolatezze dell’individualismo” che aveva contraddistinto il recente passato, ma esiste, invece, un grande bisogno di famiglia e, allo stesso tempo, una fiducia in questa struttura sociale. Tutto ciò, però, non toglie, come affermano molti studiosi, che la famiglia sembra aver smarrito la sua vera e autentica definizione, tanto che essi parlano della diffusione di diversi format familiari che farebbero di essa un istituto di convivenza sociale sempre più multiforme e multiuso. Questi diversi aspetti, apparentemente contraddittori, non ci mostrerebbero comunque una crisi irreversibile della famiglia, ma ci presenterebbero una realtà in cui certamente regna uno stato di smarrimento morale ma, al tempo stesso, anche un bisogno diffuso e inesprimibile, proprio a causa di questo smarrimento, di cercare un principio ordinante e di individuare quell’istituto sociale, appunto la famiglia, che storicamente rappresenta questa esigenza. Un’esigenza che è anche e soprattutto, un bisogno di amore, in cui l’amato e l’amante siano compartecipi di quell’amore primigenio e sconfinato che li ha costituiti e resi uomo e donna, cioè coppia fin da principio. In definitiva, la famiglia - uso le parole di Papa WOJTYLA - è una “epifania di Dio, una manifestazione del suo amore gratuito e universale e, in quanto tale, annunzia con il suo stile di vita che Dio è amore e vuole la salvezza di tutti gli uomini”. Il clima festivo di questi giorni non ci solleva poi dal rivolgere lo sguardo al mondo del lavoro, che, nel nostro Paese, sta divenendo ormai una vera e propria emergenza nazionale. La disoccupazione in Italia, specie quella dei giovani tra i 15 e i 24 anni, ha toccato vette elevatissime sempre più drammatiche colpendo, nello specifico, soprattutto la popolazione del Centro-Sud e le donne. Nella sostanza, un terzo dei giovani italiani - e in Umbria la situazione è anche peggiore - è senza lavoro, mentre addirittura il cinquanta per cento delle giovani donne sono prive di un’occupazione. La situazione delle donne sposate, in particolar modo, è particolarmente gravosa per due ordini di motivi. Prima di tutto, perché molte di esse, proprio per le difficoltà del proprio coniuge, sono costrette a lavorare spesso in condizioni moralmente inique e accettando condizioni economicamente non soddisfacenti. Per fare un solo esempio, basterà ricordare che il gap salariale tra un uomo e una donna è di circa il 17,5%. Ma non solo. Queste difficoltà economiche hanno poi delle conseguenze non secondarie sui delicati equilibri delle famiglie e, in alcuni casi, possono influire negativamente su quanti hanno il proposito di costruire una famiglia. Come ha messo in risalto Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in Veritate “non si può non mettere in evidenza il nesso diretto tra povertà e disoccupazione. I poveri in molti casi sono il risultato della violazione della dignità del lavoro umano” sia perché ne “vengono limitate le possibilità sia perché vengono svalutati i diritti che da esso scaturiscono, specialmente il diritto al giusto salario, alla sicurezza della persona del lavoratore e della sua famiglia”. La dignità del lavoro umano – e quindi la dignità della condizione umana - è un punto centrale, rilevantissimo, imprescindibile per il cristianesimo e per la nostra società, a cui non possiamo e non dobbiamo sottrarci per nessun motivo. I lavoratori, e questo occorre sottolinearlo con forza, sono prima di tutto delle persone e, rispetto alla persona che è il fine, il lavoro rimane soltanto un mezzo. La sollecitudine del pastore mi porta sovente a dover incontrare anche tanti fratelli e sorelle che, per diversi motivi e drammi, si trovano a vivere la realtà del carcere. Come cristiani siamo consapevoli che l’uomo, anche il più peccatore e sbandato, continua ad essere amato incondizionatamente da Dio che lo guida, con sguardo paterno, lungo il sentiero della vita e che non si dimentica mai, in nessuna situazione, dei suoi figli. Proprio per questo, proprio perché siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, tutti noi abbiamo il dovere morale di non dimenticarci mai degli ultimi della terra. E i carcerati rappresentano senz’altro una porzione importante di coloro che risiedono negli ultimi gradini della scala sociale. In Italia, come nei 4 istituti di pena dell’Umbria, esiste una situazione particolarmente preoccupante della condizione carceraria dovuta, prima di tutto, alla gravissima situazione del sovraffollamento; in secondo luogo, prodotta da una forte presenza di stranieri immigrati, molti dei quali con problemi di tossicodipendenza; e, infine, aggravata da una forte incidenza di morti violente e di suicidi. Nel nostro Paese, per fare un solo esempio, dal 2000 ad oggi, sono morti più di 1.800 detenuti, di cui circa 650 per suicidio. Delicatissima, infine, ed estremamente dolorosa, è la situazione dei figli delle detenute che, fino all’età di tre anni sono accolti in carcere con le madri. Bambini che vivono in ambienti malsani, del tutto inadatti alla vita di un infante e che finiscono per scontare una doppia pena. Quella del genitore e quella di degrado morale a cui essi stessi sono sottoposti. “Ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,36). Queste sono le parole del giudizio finale, raccontato dall’evangelista Matteo, il quale ci ammonisce che dovunque c’è un affamato, uno straniero, un ammalato e un carcerato, lì c’è Cristo stesso che attende la nostra visita e il nostro aiuto. Proprio per questo, ci ricorda il Santo Padre, i carcerati “sono persone umane che meritano di essere trattati con rispetto e dignità” e “hanno bisogno della nostra sollecitudine”. Carissimi fratelli e sorelle, i problemi che stanno dinanzi a noi sembrano talvolta insuperabili. Anche la pietra che stava davanti al sepolcro di Gesù sembrava inamovibile. Abbiamo l’impressione di trovarci spesso dinanzi ad un abisso, ma l’abisso delle nostre miserie invoca un abisso di amore infinitamente più grande: le tenebre non avranno mai il sopravvento. Dal sepolcro, quello di Cristo, è rinata la vita e si è riaccesa la speranza. Il male esiste ma può essere superato perché un nuovo giorno, il giorno del Signore è sorto per noi. Cristo è risorto! E l’annuncio della Chiesa il giorno di Pasqua, non riguarda solo la vita spirituale ma investe tutto l’essere umano e tutte le realtà in cui esso è chiamato a realizzarsi: la famiglia, il lavoro, la giustizia, la società intera >>.