di Roberto PASQUA
È arrivato il momento di pensare al futuro. Facciamo tuttavia una rapida sintesi di quanto accaduto facendone tesoro. Vorrei ripercorrere le fasi più importanti inerenti la nostra frazione che hanno preceduto i terribili terremoti del centro Italia, così da poter allungare l’occhio in modo migliore sul domani che ci aspetta a braccia aperte. A seguito del terremoto del 1997, per brillante idea e su volontà dell’allora Sindaco del Comune di Norcia, Alberto NATICCHIONI, e dell’allora Presidente della Regione Umbria, Maria Rita LORENZETTI, si decise per la frazione di Castelluccio di procedere alla redazione di un Piano di recupero (PIR) ad hoc, denominato “Programma Integrato di Recupero a valenza urbanistica di Castelluccio di Norcia”. La denominazione scelta e adottata è di estrema importanza perché è indice di un importante connubio che si voleva mettere in atto: da un lato il recupero per i danni cagionati dal terremoto, dall’altro una riqualificazione architettonica e urbanistica. La grande intuizione che gli amministratori di allora ebbero stava proprio nel duplice obiettivo prefissato: risistemare e rifare il sistema di urbanizzazione della frazione e al contempo una riqualificazione di tutta l’edilizia che negli ultimi anni era stata realizzata, con particolare riferimento all’edilizia degli anni più recenti, durante i quali si è assistito ad una fase di costruzione molto improvvisata e non ben integrata con il resto del centro storico più antico.
Questo quindi il fine perseguito dal PIR post sisma 1997, il cui momento decisivo per la partenza è rappresentato da un anno, il 2002, durante il quale la Regione Umbria affidò l’incarico per la redazione del Programma in oggetto al chiarissimo Prof. Arch. Gianluigi NIGRO, uomo di grande spessore culturale e di grandissima preparazione professionale, celebre professore dell’Università La Sapienza di Roma, membro di importanti Comitati tecnico-scientifici di rilevanza nazionale. Ho un meraviglioso ricordo dell’Arch. NIGRO, il quale si è sempre distinto sul territorio, oltre che per uno sbalorditivo bagaglio di conoscenze, anche per la raffinata capacità di ascolto e di attenzione che riservava a tutti i suoi interlocutori, cioè a tutte le persone che rivolgevano lui qualsiasi tipo di domanda e a cui rispondeva con passione ed entusiasmo, in tono pacato ed equilibrato, sempre pronto ad accogliere le istanze della popolazione, anche degli uomini e donne più umili e semplici. Non aveva alcun problema o difficoltà ad interagire con tutte le categorie sociali e professionali cui si trovava dinanzi. Perché, vi chiederete, questo? Perché, oltre che per sua indole e spiccate capacità relazionali, voleva predisporre un Piano che fosse accettato da tutti. E per fare ciò era necessario ascoltare tutti.
Il suo fu un Piano di recupero molto partecipato dal paese; lunghe e numerose sono state le sue riunioni tenute a Castelluccio, tanto che ricordo una sera, dopo una giornata di lungo lavoro sul territorio, come amava fare, mi ritrovai, come di consueto quei giorni, con lui ed esclamò: “di partecipazione si muore!”. Con questa esclamazione stava proprio ad indicare che ad un certo punto bisognerebbe chiudere le discussioni, che tanto aveva tenuto aperte. Sempre con il suo obiettivo di dare un futuro a questo paese, facendo scelte che potessero riqualificare tutto il borgo. Tornando al PIR, il suo carattere distintivo, più che riparare i danni cagionati dal terremoto, era incentrato sulla riqualificazione del centro rurale e del borgo. Da quel lontano 2002 poi, dopo lo studio preliminare nel 2003, la convocazione della Conferenza dei Servizi negli anni successivi, la verificazione delle UMI interessate al finanziamento del PIR nel 2010, le modifiche del 2011, l’affidamento dell’incarico al nuovo progettista Francesco NIGRO dopo la scomparsa del Prof. Gianluigi NIGRO (nel dicembre del 2012), si è arrivati finalmente all’approvazione del Piano nel giugno 2016. Ciò detto, quale è la situazione presente?
Abbiamo un PIR approvato a giugno del 2016 (solo qualche mese prima degli accadimenti sismici), quindi abbiamo comunque un’ottima base di partenza e di lavoro fatta che non può essere dispersa: da questa base dovremmo velocemente elaborare un’idea guida nuova (perché mentre il Piano del 1997 era imperniato sul recupero e sulla riqualificazione del centro storico come era, quindi non permetteva scelte urbanistiche forti come addirittura potrebbero esserlo togliere un gruppo di fabbricati o creare una piazza o uno spiazzo - perché un piano di recupero può arrivare perfino a delocalizzare dei fabbricati), questa volta invece, una volta individuate le idee guida, ci troviamo ad avere un patrimonio edilizio quasi tutto per terra. Per ciò è un’occasione unica questa anche per condurre in qualche modo delle scelte di intervento più coraggiose, che possano dare un volto nuovo al paese, ma scelte che debbono essere positive per la fruibilità del paese stesso (ad esempio si pensi alla necessità di dover allargare una strada o una via: oggi con il fabbricato in macerie per terra lo si può fare, invece prima per una simile necessità si doveva addirittura demolire il fabbricato, mentre oggi come già detto questa prima fase la si ha già fatta). Questa volta ci sono possibilità in più per fare delle scelte migliori per quanto riguarda l’accessibilità al paese e la viabilità dello stesso, anche in termini di sicurezza.
Stavolta chi sarà chiamato a redigere il Piano potrà osare di più, per ottimizzare il tutto. È necessario farlo. In passato provavo sempre indignazione quando mi trovavo a conversare con i turisti nel borgo: mi descrivevano la loro visita a Castelluccio come mozzafiato, a partire dallo scenario che si trovavano di fronte al valico e poi nell’attraversare il Pian Grande. Aggiungevano che erano sbigottiti dallo stupore del territorio e del paesaggio, talvolta dicendomi anche che non avevano mai provato simili sensazioni di contatto con la natura nella loro vita. A questo punto del discorso però, dopo avermi elencato sole eccellenze, facevano sempre osservazioni non troppo positive, e anche negative, sulla visita al borgo di Castelluccio, poiché li aveva molto lasciati a desiderare tradendo le loro aspettative. Questo per i fabbricati che vi erano non ben messi, poco curati e poco integrati col contesto. Ecco: ritengo personalmente che questi discorsi non dovranno più essere fatti nel futuro perché non dovrà essere così la realtà del borgo: obiettivo che si dovrà perseguire con questo PIR sarà uniformare il meraviglioso paesaggio, rimasto come era (salvo qualche ferita causata dal terremoto) con il borgo del paese, così che quest’ultimo sia in grado di rispettare e rispecchiare uno scenario così bello in perfetta armonia. Bisognerà ridare al paese una tonalità, un’impronta che si intoni al paesaggio, senza più stonature di fabbricati non integrati con le caratteristiche architettoniche del luogo. Ciò a cui bisogna arrivare è una perfetta simbiosi di abitato e panorama, perché in passato una certa tipologia di fabbricati lo aveva dequalificato.
Ricostruire il borgo così che sia apprezzato quanto il paesaggio. Il vecchio PIR da base di lavoro: in tempi brevi i professionisti chiamati a redigere questo Piano dovranno compiere delle scelte futuristiche in funzione della frazione, di ciò che l’aspetta nel futuro e soprattutto cercando di raggiungere una perfetta omogeneità nel connubio borgo-territorio. Uniforme lo era negli anni ‘40 e ’50, quando il paese era composto da stalle, rimesse per il bestiame davanti, e il discorso di omogeneità allora funzionava perché il borgo rispecchiava ciò che dal territorio ci si aspettava, una caratteristica impronta rurale di persone dediche alla pastorizia, agli allevamenti, alla coltivazione dei campi. Adesso invece, che queste caratteristiche a Castelluccio sono diminuite ma pur sempre presenti quindi meritevoli di cura, maggiore attenzione sarà rivolta a una richiesta di turismo ambientale escursionistico, in modo tale da coniugare e ridare carattere al paese in funzione di quello che è il paese è diventato e dovrà diventare. Erigere il paese sul disegno di quello che è il paesaggio, senza sbavature e stonature, con materiali caratteristici. Non bisognerà sbagliare nulla nel realizzare qualcosa in contrasto con il paesaggio. Armiamoci di matite e, con gli apporti di ciascuno, mettiamoci all’opera!